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mercoledì 29 giugno 2011

La rivelazione del procuratore Mancuso "I Servizi complottarono contro di me"

da: Repubblica Napoli - DARIO DEL PORTO - 22/06/2011

Tra le pieghe dell'inchiesta chiamata P4 il capo dei pubblici ministeri di Nola svela un clamoroso retroscena. E' stato ascoltato dagli inquirenti in qualità di testimone


"L'intera operazione contro di me è stata orchestrata dai Servizi", accusa il procuratore di Nola Paolo Mancuso.

La sera dell'undici gennaio il magistrato viene sentito come teste dai pm Henry John Woocock e Francesco Curcio nell'ambito dell'inchiesta su dossier e ricatti. Il verbale è fra gli atti depositati.

Nelle pieghe della testimonianza, Mancuso rilancia il sospetto di un complotto ai suoi danni che avrebbe rischiato di colpire anche un altro pm, il procuratore aggiunto Giovanni Melillo. Mancuso era uno dei magistrati italiani “schedati” nell’archivio del Sismi durante la gestione del generale Niccolò Pollari e del suo stretto collaboratore Pio Pompa.

«Sul caso pende un procedimento a Perugia, lì ho depositato denunce nelle quali ho tentato di fornire elementi indiziari o probatori per evidenziare come nei miei confronti si fossero verificati una serie di eventi concatenati fra loro riferibili a una regia unitaria tesi alla mia delegittimazione», mette a verbale il procuratore di Nola. Mancuso spiega di aver appreso dalla stampa che i dossier di Pompa contro di lui «erano originati da informazioni veicolate da un magistrato in servizio al Ministero», aggiungendo però di non sapere se questa “fonte” sia mai stata individuata.

I pm Curcio e Woodcock gli chiedono poi di presunti collegamenti con i Servizi del deputato e magistrato in aspettativa Alfonso Papa, nei cui confronti pende alla Camera una richiesta di arresto. E Mancuso risponde: «I nostri percorsi professionali non si sono mai incontrati. Per quanto mi fu riferito dal collega Umberto Marconi o forse da altri colleghi, Papa era molto vicino a Pollari e grazie a questo rapporto, non so a che titolo, era riuscito ad ottenere una scorta della Finanza e un appartamento in una zona centralissima di Roma».

Quindi Mancuso aggiunge: «Ritengo che i Servizi abbiano giocato un ruolo decisivo non solo nella redazione dei dossier ma anche, come ho scritto in molte denunce, nella creazione del caso Marano Spiezia». Si riferisce, il procuratore di Nola, agli episodi che anni fa lo avevano visto citato negli atti a margine delle indagini sulla faida di Scampia con riferimento a persone conosciute durante battute di caccia. Vicende poi concluse con l’archiviazione in sede penale e disciplinare. Mancuso dice di non conoscere il sottufficiale dei carabinieri Enrico La Monica, coinvolto nell’inchiesta su dossier e ricatti e sfuggito all’arresto solo perché in Senegal da mesi. «Non sono quindi in grado di fornire elementi circa un suo coinvolgimento nell’acquisizione indebita di notizie anche sul mio conto».

Ma in un passaggio successivo, il procuratore di Nola indica i nomi di altri due carabinieri che, a suo dire, avrebbe avuto «un ruolo oscuro nell’acquisizione o meglio nella propalazione di notizie infondate di notizie infondate sul conto mio e di Giovanni Melillo», procuratore aggiunto a Napoli e per anni pm antimafia.

Afferma Mancuso: «Non solo accusarono infondatamente me e Melillo di aver archiviato indebitamente una misura di prevenzione a carico dei fratelli Marano, (imprenditori della zona di Secondigliano n.d.r.) miei presunti amici di caccia. Ma uno dei due testimoniò sul fatto che il collega Melillo aveva partecipato a una battuta di caccia, essendo notorio che Melillo non utilizza armi da fuoco. Si trattò — conclude Mancuso — di un palese tentativo di coinvolgere il collega in un caso peraltro inesistente».

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