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domenica 28 febbraio 2010

Dallo studio predisposto dal Censis sul condizionamento delle mafie sull'economia, sulla società e sulle istituzioni del Mezzogiorno


Lo Studio, commissionato dalla Presidenza della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulla Criminalità Organizzata, rappresenta un quadro (elaborato con le metodologie degli studi di mercato e attraverso analisi statistiche) che lo stesso Censis così riassume:

"La presenza della criminalità organizzata, contrassegnata da una strategia di silenziosa mimetizzazione con il tessuto sociale ed economico, e da una grande capacità di trasformazione e di innovazione dei modelli operativi, condiziona pesantemente la vita di una parte significativa della popolazione e ne limita le possibilità di sviluppo economico e sociale. Il Rapporto è il risultato del lavoro realizzato dal Censis in adempimento all’incarico di consulenza affidato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia. L'analisi si concentra sulla forza pervasiva della criminalità organizzata, sul divario socio-economico tra il Sud delle mafie e il resto del Paese, sul deficit di fiducia e di coesione all’interno della società, sulla paura delle imprese, sulla cultura della legalità e il grado di trasparenza della Pubblica Amministrazione.

Noi, naturalmente, siamo particolarmente interessati alla incidenza della mancanza di trasparenza delle Pubbliche Amministrazioni sul fenomeno della crescita delle imprese criminali nel settore degli Appalti Pubblici.

Di seguito riportiamo stralci del Capitolo 4 del Rapporto Censis relativo a: Trasparenza della Pubblica Amministrazione e Cultura della Legalità:

"Tutti i tentativi di riorganizzare la macchina amministrativa avviati negli ultimi decenni sono rimasti finora largamente disattesi, e le conseguenze di un modello di funzionamento poco efficiente e poco trasparente risultano chiare se si considerano, ad esempio, gli ostacoli cui vanno incontro gli imprenditori.
Secondo Doing Business, un progetto della Banca Mondiale che ogni anno stila una graduatoria sulle condizioni di contesto del fare impresa nei diversi paesi del mondo, l’Italia occupa una posizione di coda, a confronto non solo delle più consolidate economie vicine, ma anche dei nuovi paesi emergenti. [...]
Ma un altro dato della stessa indagine risulta ancora più preoccupante: interrogati su quali siano i fattori che ispirano l’azione amministrativa del proprio ente di appartenenza, al primo posto i funzionari collocano le pretese dei referenti politici, mentre sono messi in secondo piano altri aspetti come le attese degli stakeholder di riferimento (cittadini, imprese, altre amministrazioni, etc.), l’attuazione di politiche pubbliche, il rispetto di adempimenti e di procedure amministrative.
Anche in questo caso in alcune regioni le indicazioni dei politici di riferimento sembrano ispirare più che altrove l’operato della Pubblica amministrazione: in Campania addirittura il 40% indica questo come principio guida dall’azione ed in Sicilia il 33,1%.
Del resto, è innegabile che il malfunzionamento dei servizi pubblici si fondi anche sull’esistenza di un meccanismo perverso di reciproca utilità tra società e amministrazione pubblica.
La società, di fronte all’inefficienza del sistema, ricerca un “canale preferenziale” di accesso ai servizi, ed il settore pubblico ne trae vantaggio utilizzando il controllo dell’accesso ai servizi come leva per accrescere e consolidare il potere di alcuni e rendere la fruibilità dei servizi condizionata da meccanismi del tutto discrezionali.
Si pensi che, secondo una ricerca Censis sulle Motivazioni e i contenuti delle scelte di voto nelle elezioni politiche 2008, circa un quarto degli italiani dichiara di essersi rivolto ad un politico per la soluzione di un problema. Un dato significativo, considerato che a questo valore andrebbe aggiunta la quota di quanti non hanno ritenuto opportuno rivelare un comportamento di questo tipo.
Sembra delinearsi un quadro nel quale, di fronte ad un’amministrazione inefficiente, il cittadino si sente legittimato, pur di ottenere il servizio di cui ha bisogno, ad utilizzare tutti gli strumenti in proprio possesso, ricorrendo anche a raccomandazioni e a mezzi illeciti.
Ed il binomio che vede la logica dell’interesse proprio (sia quello del funzionario che del cittadino) superare quella dell’interesse pubblico, ha la propria massima manifestazione nelle regioni del Mezzogiorno, dove il soggetto pubblico è percepito come un importante erogatore di risorse e dove da sempre sono più labili il senso dello Stato e la coesione sociale.
Non a caso i dati precedentemente citati sulla tendenza a far ricorso alla raccomandazione da parte di politici, assumono valori ancora più significativi se si considerano solo le Regioni del Sud. Infatti, se in Italia, come detto, circa un quarto degli intervistati afferma di aver ricercato l’intercessione di un politico per la risoluzione di un problema, nelle regioni del Sud è ben un terzo (32,4%) ad averlo fatto, ed il confronto si fa ancora più significativo se effettuato con gli intervistati residenti nelle regioni del Nord Ovest, che dichiarano di avervi fatto ricorso solo nel 12,9% del casi.
Tutto questo nel Mezzogiorno si combina con la presenza della criminalità organizzata, che trova nel condizionamento delle istituzioni e dell’apparato pubblico una delle espressioni del radicamento del proprio potere sul territorio ed una delle modalità di accumulazione di enormi ricchezze.
Le risultanze giudiziarie dimostrano che l’offensiva verso il mondo degli appalti, dei servizi e dei finanziamenti pubblici si esplicita in maniera differente a seconda delle organizzazioni criminali, che possono far uso della violenza e dell’intimidazione o, piuttosto, di forme di collusione più striscianti; ma in ogni caso è evidente che la capacità di lubrificare gli ingranaggi della macchina burocratica da parte delle mafie si incontra proficuamente con l’estrema permeabilità della Pubblica Amministrazione.
Per avere un quadro del fenomeno della corruzione, gli unici dati certi che si possono utilizzare sono quelli relativi alle denunce pervenute alle Forze dell’Ordine: si tratta di dati da utilizzare con cautela, in quanto rappresentano solo la punta di un iceberg che rimane per gran parte nascosto, ma forniscono comunque un quadro indicativo della situazione, che si rivela preoccupante in particolare per le regioni del Sud.
Come riportato nel Primo Rapporto al Parlamento del Servizio Anticorruzione e Trasparenza (SAeT), le denunce complessive di reati contro la Pubblica Amministrazione nel periodo 2004-2008 sono rimaste pressoché costanti, pari a poco più di 3.000 l’anno, per un totale di 19.019 denunce nel quinquennio, ad eccezione del 2006, quando le denunce sono state 5.499. Anche il numero delle persone denunciate, che nei cinque anni sono state 71.189, subisce un brusco aumento nel 2006 (19.976 denunciati), seguito da una flessione tra il 2007 ed il 2008, anno in cui tocca il valore minimo, pari a 10.846. [...]
Analizzando la composizione delle denunce per fattispecie di reato, risulta evidente come nella maggior parte dei casi si tratti di fattispecie criminose che, per essere perpetrate, richiedono la partecipazione di più individui organizzati. Si pensi, ad esempio, alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, (art. 640-bis del C.P.) e all’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art.316-ter del C.P.), che, insieme,rappresentano ben il 45,1% dei 19.019 reati denunciati complessivamente nel quinquennio, e si trovano, insieme al reato di abuso di ufficio, nelle prime tre posizioni della graduatoria per numero di reati denunciati. Si tratta, tra l’altro, di reati che provocano una deviazione dei finanziamenti pubblici dalle finalità e dai destinatari cui sarebbero naturalmente indirizzati, provocando notevoli danni all’integrità economica ed al patrimonio della Pubblica amministrazione, con forti ricadute sul sistema Stato e sul bilancio pubblico.
Le risultanze delle indagini e delle attività processuali dimostrano come la capacità di infiltrazione e di condizionamento della criminalità organizzata sulla Pubblica Amministrazione si eserciti prevalentemente a livello locale, dove la contiguità è maggiore, su quelle attività che garantiscono una maggiore redditività economica, dunque gli appalti pubblici, i finanziamenti comunitari, lo smaltimento dei rifiuti, e in quei settori (in primis quello sanitario) dove si concentra maggiormente la spesa pubblica in capo alle Regioni."

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